Una breve descrizione del paese di Mamoiada, dalla storia, alla cultura, alle maschere e alle feste tradizionali.
Un viaggio, un istinto, un destino. Alla scoperta di Mamoiada.
Avete mai sentito battere il cuore di una terra?
Il cuore della Barbagia batte proprio nel borgo di Mamoiada, un paese che sorge al centro della Sardegna, nella provincia di Nuoro.
Situato in un territorio collinare, è circondato da una natura rigogliosa e fertile di origine granitica, in cui è possibile sentire la vera essenza e la vera forza di una terra che padroneggia su tutto ciò che la circonda, che si rivela nei profumi intesi delle viti e dei castagni in autunno, nei colori caldi e rassicuranti in primavera, nei sentieri incontaminati dei boschi di roverella che abbracciano il paese e nei ruscelli e nelle sorgenti che nutrono questa terra lussureggiante.
La regione, disseminata di molteplici resti archeologici, rivela la presenza dell’uomo già dalla Preistoria e racconta l’importante passato di una civiltà nuragica che sopravvive in ciò che ha lasciato in eredità ai suoi discendenti: i 32 Nuraghi (l’Arràilo è tra i più famosi), i pozzi sacri, le Tombe dei Giganti, le “Concheddas” (più conosciute come Domus de Janas), le pedras fittas, i menhir (in particolare “Sa Perda Pintà”, o stele di Boeli, rinvenuto nei pressi del paese, una lastra di più di due metri e mezzo, conosciuta per le particolari incisioni raffiguranti sculture di origine celtica, tra il 3200 e il 1800 a.C.) e molto altro ancora.
Ognuno di essi racconta la storia di un popolo e le sue tradizioni, un viaggio alla scoperta delle “civitas” barbariche e perfino della lunga lotta con i conquistatori.
L’origine del borgo risalirebbe all’età romana, poiché all’interno del villaggio passava la strada bellica principale che attraversava l’intera Isola da Nord a Sud, e una delle stazioni principali divenne proprio Mamoiada, che ai tempi era nominata “Manubiata” (dal latino “manubiare”, ovvero sorvegliare), nome che si evolse in “Mamoyata” nel Medioevo, a prova di ciò furono trovati dei registri delle imposte della Santa Sede del XIV secolo, i “Rationes Decimarum”.
All’epoca, il paese faceva parte della curatoria della Barbagia di Ollolai, del dipartimento amministrativo del Giudicato di Arborea (uno dei quattro Stati indipendenti formatisi a seguito dello scioglimento del Sacro Romano impero d’Occidente) e beneficiava di un esercito.
Nel 1388 a seguito della grande guerra, in cui il Giudicato si scontrò contro gli Aragonesi, la giudicessa Eleonora D’Arborea firmò il trattato di pace con gli invasori giunti dalla penisola Iberica, con l’ausilio di diverse famiglie Mamoiadine.
Questo portò all’inclusione del borgo nel marchesato di Oristano, in cui amministrava il marchese Leonardo Alagon. Egli nel 1478 guidò i sardi in un’altra battaglia contro gli invasori, in cui però venne sconfitto. Questo avvenimento condannò i sardi a secoli di sfruttamento e sottomissione, non solo da parte dei conquistatori Iberici, ma anche, successivamente, da parte dei piemontesi.
La dominazione terminò nel 1838, con l’abolizione del feudalesimo, dopo anni di battaglie per l’indipendenza.
La lingua parlata è il mamoiadino, una variante barbaricina della lingua sarda. Ovviamente tutti conoscono e parlano l’italiano, ma ascoltare questa lingua di origine latina, può essere affascinante e allo stesso momento sconvolgente, poiché a causa delle varie dominazioni è possibile cogliere parole arabe, spagnole e ovviamente, latine.
Gli anziani del paese parlano tra di loro prevalentemente in sardo e sono disponibili a insegnare alcune parole o alcuni detti anche a qualche curioso turista che vorrebbe cimentarsi e, se si è particolarmente fortunati, si ha la possibilità di ascoltare le singolari e uniche storie della loro vita e della loro famiglia.
Ad oggi il paese è conosciuto per le sue antiche cerimonie, per i suoi importanti riti, e per le sue straordinarie e coinvolgenti feste.
Durante queste festività, il centro storico viene popolato dalle maschere tradizionali più importanti, simboli e messaggeri di una storia antica e misteriosa: i Mamuthones e Issohadores.
I primi indossano una maschera nera in legno pregiato, delle pelli ovine e “sa Carriga”, trenta kg di campanacci, che risuonano a ritmo di musica, seguendo i passi cadenzati dei propri compagni.
Insieme a loro, si uniscono a quest’antica danza i “Issohadores”, composte da una maschera bianca rappresentante un volto, “sa berritta” (un copricapo nero), da un gilet di un rosso vivo e dalla “soha”, una fune con cui vengono “catturati” gli spettatori in segno di buon auspicio.
Per approfondire la loro storia ed origine, è possibile visitare il Museo delle Maschere mediterranee, in cui è possibile anche visionare altre maschere tradizionali dei paesi del circondario.
Inoltre per conoscere in modo più approfondito anche la cultura e gli avvenimenti più importanti avvenuti nel paese è possibile visitare il Museo della cultura e del lavoro, in cui troviamo non solo abiti tradizionali, ma anche manufatti ed utensili antichi.
Le feste più importanti in ordine cronologico sono: Sant’Antonio Abate, il 16 gennaio (data che celebra anche l’inizio del carnevale nell’Isola) festività in cui vengono accesi grandi fuochi, il carnevale, SS. Cosma e Damiano, San Sebastiano, N.S. del Carmelo e della Madonna della Neve e “Sas Tappas ‘in Mamujada”.
La comunità è agropastorale, le principali attività produttive sono l’allevamento e la viticoltura.
Una particolare attività infatti è legata proprio ai “sentieri dei pastori”, affascinanti percorsi che i pastori percorrono insieme alle greggi, ma che è possibile percorrere da tutti, anche in bicicletta, per ammirare le incantevoli distese di prati e i particolari “pinnettos”, costruzioni circolari in pietra, caratterizzati da un tetto in frasche e legno, in cui i pastori trovano un riparo per la notte nei lunghi periodi di transumanza e in cui preparano gustosi e saporiti formaggi.
Per i più impavidi, continuando il percorso, ci si ritrova ai piedi del Gennargentu, in cui è possibile arrampicarsi e arrivando in cima, godere di un panorama spettacolare.
Per assaporare le prelibatezze del luogo e degustare il famoso Cannonau (vino rosso autoctono molto pregiato) basta passeggiare tra le viuzze del paese, talvolta perdendosi tra le affascinanti case in granito e le stradine strette e caratterizzate da ciottoli. Infatti, soprattutto durante la manifestazione “Sas Tappas ‘in Mamujada” in occasione di “Autunno in Barbagia” volta a promuovere le culture locali nella regione, è possibile imbattersi in piccole corti, in cui i paesani sono pronti ad accogliere i viaggiatori non solo per dar modo loro di assaggiare i piatti tipici o i vini locali, ma anche per raccontare storie, leggende e aneddoti e per mostrare come vengono intagliate le maschere, conciate le pelli e preparati i dolci secondo le tradizioni tramandate negli anni.
I piatti tipici del luogo sono il pane vrattau (piatto preparato con il pane carasau, tipico della tradizione sarda), su sambeneddu, il porcetto arrosto, su pane lentu, ‘ulurjones de ‘asu o de re’ottu, ecc.
Ma i veri protagonisti sono i dolci, poiché a Mamoiada prepararli è un’arte, oltre che una vera e propria celebrazione, infatti prima, durante e dopo, vengono dette delle preghiere, fondamentali per la riuscita del dolce. I più conosciuti sono: hasadinas, rujolos, popassinu biancu, orulettas, popassinu nigheddu, coccone in mele, sevadas, caschettas e molto altro ancora.
Continuando a passeggiare tra i quartieri antichi del borgo, ci si imbatte in piccole e affascinanti chiesette come quella di Nostra Signora di Loreto risalente al Settecento, una delle parrocchie più importanti per gli abitanti di Mamoiada, da non confondere con la chiesetta di Loret’Attesu del XVIII distante qualche chilometro dal paese.
Intorno all’abitato, vi è anche un altro importante santuario, dedicato ai santi Cosma e Damiano, di origine bizantina, situato al centro di un piccolo villaggio di “cumbessias”, dimore che ospitano i pellegrini durante la festa.
In qualsiasi periodo si voglia visitare Mamoiada si avrà la possibilità di conoscere un luogo autentico e incomparabile, insomma, un viaggio alla scoperta di un piccolo borgo, che ha tanto da raccontare e da condividere, un viaggio che lascia dentro una sorta di nostalgia per un tempo che è passato, ma che continua a vivere in persone, sapori e luoghi che non vogliono scomparire.