Radio Frequency Identification nella supply chain al test delle aziende italiane. Con risultati molto positivi, spesso superiori alle attese. Lo rivela un’indagine condotta da GS1 Italy insieme all’RFID Lab dell’Università di Parma.
La Radio Frequency Identification (RFID) sta guadagnando spazio nella supply chain del largo consumo in Italia: oltre metà delle imprese dei settori grocery e fashion intervistate in Italia ha già inserito questa tecnologia, in maniera stabile (31%) o in fase di test (22%). A rivelarlo è l’indagine condotta da GS1 Italy insieme all’RFID Lab dell’Università di Parma, che ha coinvolto 58 aziende attive in Italia (distributori, produttori, operatori unici, fornitori di servizi logistici e solution provider) per analizzare l’utilizzo della tecnologia RFID.
Dopo la presentazione di otto casi d’uso in ambito supply chain e Retail 4.0 abilitati dalla tecnologia RFID, questa ricerca rappresenta quindi un ulteriore step nel piano a sostegno dell’identificazione in radiofrequenza, avviato da GS1 Italy per accompagnare le imprese interessate ad adottare l’EPC (Electronic Product Code), lo standard GS1 che supporta l’RFID, tecnologia che può aiutare ad efficientare l’intera supply chain e abilitare l’omnicanalità, il Retail 4.0 e l’Internet of Things.
«Siamo partiti dall’esigenza di monitorare lo stato di adozione dell’RFID per passare poi a esplorare i casi d’uso approfondendo le ragioni che spingono le aziende ad adottare questa tecnologia, individuando le criticità che si propongono di risolvere e le opportunità che intendono cogliere» afferma Linda Vezzani, GS1 visibility and RFID standards specialist di GS1 Italy. «Quindi abbiamo indagato il livello di adozione degli standard GS1 per l’identificazione e lo scambio di informazioni, e approfondito i risultati raggiunti e gli eventuali ostacoli riscontrati durante l’implementazione».
La fotografia scattata da GS1 Italy mostra uno scenario in sviluppo, caratterizzato da un grande interesse per i benefici di questa tecnologia. Il 23% delle imprese che stanno sperimentando l’RFID ha intenzione di adottarla in futuro e il 56% dei non fruitori si dichiara intenzionato a implementarla in un futuro più o meno prossimo (e il 13% ha già un progetto RFID nella pipeline d’impresa).
Tra i principali driver per l’introduzione della tecnologia RFID gli intervistati hanno indicato nel 61% dei casi un ritorno dell’investimento (ROI) positivo, nel 57% la possibilità di ottenere un vantaggio competitivo e nel 41% la necessità di allinearsi ai competitors. In misura minore, anche l’influenza dei partner della filiera, gli incentivi dell’Industria 4.0 e i bandi pubblici vengono indicati come possibili boost all’implementazione dell’RFID nelle aziende.
L’automatizzazione dei processi logistici distributivi (77% delle risposte), la visibilità delle giacenze (62%) e la necessità di evitare out-of-stock (53%) sono, invece, le tre principali motivazioni che hanno spinto finora aziende, service provider e operatori a intraprendere un percorso di digitalizzazione attraverso RFID e Internet of Things. Così come, in misura minore, anche il miglioramento dell’accuratezza nella gestione dell’inbound e della puntualità dei richiami, la prevenzione dei furti, la visibilità dell’avanzamento della produzione, la gestione della tracciabilità degli asset trading dei partner, la gestione delle date di scadenza e il monitoraggio della catena del freddo.
Obiettivi raggiunti, visto che la quasi totalità dei rispondenti delle aziende implementatrici ha indicato che i risultati ottenuti sono stati in linea o molto spesso al di sopra delle aspettative, in particolare nella riduzione degli errori di allestimento ordini, nell’incremento dell’efficienza operativa e in quello dell’accuratezza inventariale. Soprattutto chi ha implementato la tecnologia RFID per ridurre l’out-of-stock e incrementare le vendite ha ottenuto risultati superiori a quelli inizialmente ipotizzati.
Se i benefici generati dall’RFID sembrano notevoli, gli ostacoli risultano limitati e poco rilevanti (soprattutto mancate letture, in particolare in presenza di liquidi e metalli, ed eccesso di prestazioni che richiede l’utilizzo di schermature), e i risultati di successo dimostrano che sono comunque aspetti risolvibili.
L’indagine mostra infine l’importante ruolo nel percorso di sviluppo dell’RFID che rivestono gli standard globali GS1, come quelli per l’identificazione degli imballaggi (primari/secondari/terziari) e lo scambio di informazioni con i partner della supply chain, che sono ben noti all’83% delle aziende intervistate e vengono usati da tutti i fornitori di servizi logistici e dalla quasi totalità dei produttori e dei distributori.
Per approfondimenti, sul sito di GS1 Italy è possibile scaricare gratuitamente il report “Come la tecnologia RFID abilita la supply chain e il retail 4.0” e scoprire come aumentare la visibilità dei prodotti lungo la supply chain e l’accuratezza dei dati grazie allo standard EPC/RFID.