Benevento è una città tutta da scoprire: è una scelta turistica insolita, ma con la sua storia ed i suoi prodotti locali riesce ad incantare chiunque, soprattutto i coraggiosi che vi si recano.
Benevento: un insolito connubio fra freddezza e resilienza
Città di streghe, antico ducato longobardo e l’unica capace di dare uno scacco matto agli antichi Romani. Eppure, ad accogliere i coraggiosi che vi si recano è lui: l’Arco di Traiano. Che, così come la sua città, non è una scelta turistica scontata. Ma è senza dubbio la più insolita, e forse, la più sorprendente.
Quando si pensa a questa piccola città campana, non molto giunge alla mente. Ci si limita ad ammirarne la storia, dove spiccano le gesta di popoli orgogliosi di essere discendenti di Ercole; oppure la disfatta di Federico II, personaggio tanto illustre quanto la nota battaglia che lo vide morente, e che conferisce a Benevento l’onore di essere menzionata nel capolavoro dantesco. Lo sguardo non va oltre l’antico anfiteatro, o il duomo che ha visto scatenare su di sé la furia di un conflitto bellico fra i più devastanti della storia umana. Tuttavia, spesso viene poco considerata: la si ritiene spenta, poco viva. Dà quasi l’idea di essere addormentata, esattamente come la catena montuosa che la affianca, che ogni giorno all’ora del vespro accoglie dentro di sé il sole, offrendo uno spettacolo a dir poco meraviglioso.
Spesso, quando viene chiesto com’è Benevento a chi la respira a pieni polmoni ogni giorno, ci si sente come in un labirinto: inizialmente si prova confusione, quasi non si riesce a trovare parole per descriverla. Basta però qualche attimo per essere colpiti da un’epifania in pieno stile joyceano, ed è lì che lo stupore subentra alla confusione: stupore, non verso chi non la conosce, ma per chi la vive e ce l’ha sotto gli occhi ogni giorno.
Raccontare Benevento è un po’ come raccontare la propria storia familiare, con i suoi avvenimenti degni di una soap opera latino-americana e i suoi dettagli quasi imbarazzanti. È quel fardello che ognuno di noi si porta su di sé, che cerca di nascondere al mondo ma che rima o poi salta sempre fuori, anche se indirettamente. E sta alle orecchie più attente e agli animi più sensibili mettersi in prima fila ed accogliere tale messaggio, quel masso che nascondi dentro di te ma che non vedi l’ora di mostrare, di buttar fuori, di esporre al sole e dire “Questo è. Niente di meno, niente di più”. Benevento è esattamente così: non è per tutti. Non ti accoglie come speri che faccia, come ti aspetteresti in un qualsiasi luogo del Sud Italia, tanto rinomato per la sua calorosità e la sua ospitalità. Al contrario: Benevento deve scrutarti, studiarti, capire chi sei e vedere se sei adatta a lei (un po’ come si faceva una volta per capire se una donna del paese fosse una strega – anzi, una janara – o meno).
È una città “a fatti suoi”: non sai bene se detestarla o amarla al primo colpo, ma sai che qualcosa dentro di te lascia sempre. Probabilmente è il suo incantesimo, qualche maledizione antica che ti spinge a ritornarvi per ammirare nuovamente il piccolo chiostro dietro la chiesa di Santa Sofia, impregnato di storia, o per assaporare il delizioso nettare dei suoi vigneti. Forse, tutto questo non è altro che un modo diverso per definire quell’alchimia di sensazioni, di emozioni che si viene ad innescare fra due anime – quella di chi va, e quella della città giallorossa. La stessa alchimia che si innesca fra un pezzo di torrone Alberti (preferibilmente, quello con carta rossa!) e i cinque sensi, perché non si tratta di un semplice assaggio: è una vera e propria esperienza sensoriale, capace di farti sentire a casa, avvolto da un tepore che solo le persone amate riescono a trasmetterti.
Benevento è poco e tanto allo stesso tempo: è un mix di popoli e culture diverse – che hanno lasciato dietro chiese e scorci d’arte preziosi -, e di provincialismo; è il riscatto di un marchio oggi sinonimo di qualità e gusto quale Pasta Rummo, e la sensazione di non riuscire a farcela. Volgendo lo sguardo indietro, però, si è immersi dal vigore e dalla forza che l’antica Maleventum ha sempre conservato, la forza di piegare la furia degli antichi Romani costringendoli a passare sotto l’antico gioco. La forza di rimettersi in piedi dopo che la terra più volte ha aperto voragini da cui si teme di essere inghiottiti. La forza di proseguire e andare avanti, come dopo la terribile alluvione di qualche anno fa.
Benevento è tutto questo. Ci sono dei momenti in cui non è cordiale neanche con i suoi stessi abitanti. Può sorprenderti con un temporale all’improvviso nel bel mezzo di una giornata di sole; oppure, darti affanno senza sosta con il suo caldo umido, quasi appiccicoso, che sembra entrarti nelle ossa. Però, sembra quasi che quelle ossa te le fortifichi, e ti dia la spinta giusta per poter camminare finalmente sulle tue gambe, e magari, anche andar via da lei. Ma in fondo lei sa, tu stesso sai che vi ritornerai. Perché alla fine, siamo tutti un po’ janare dentro.